Continua la strage degli innocenti, gli anziani, il 95% degli italiani uccisi dal Covid-19
Continua la strage degli innocenti, la strage degli indifesi anziani nell’indifferenza generale come fossero predestinati dalla sorte pandemica inevitabile, come fosse scattata la legge del contrappasso dopo un lungo illusorio periodo di longevità. Crescono, si moltiplicano i contagi ad ogni età, ma a lasciarci la pelle sono quasi tutti loro, che contano il 95,4 dei morti per Covid.
Agghiacciante l’ultimo bollettino di guerra certificato dall’Istituto superiore di sanità l’11 novembre 2020. Su un totale di 41.737 sono 39.823 le vittime fra le generazioni over 60, che rappresentano un quarto della popolazione italiana. Sotto la soglia dei 60 anni sono 1.914 i morti, ne uccide di più l’influenza stagionale. Una lista nera che si allunga ogni giorno, una lista nera di nonni fino a ieri festeggiati come gli angeli della casa, il generoso bancomat per figli e nipoti, oggi condannati a morire eliminati nella solitudine e nell’abbandono senza il conforto dei loro cari ai quali hanno dedicato la vita.
Ed ecco la lista nera dei caduti anziani per fasce d’età.
Dai 60 ai 69 anni = 4.131
Dai 70 ai 79 anni = 10.703
Dagli 80 agli 89 anni = 17.153
Dai 90 in su = 7.836
Anche i sopravvissuti rischiano la rottamazione, la pena virale capitale perché colpevoli di aver altre patologie a rischio, o semmai la segregazione a vita fra le quattro mura domestiche senza il calore dei familiari e, soprattutto, senza soccorso terapeutico. Eppure, in altri Paesi, è diventata prioritaria l’assistenza domiciliare giudicata un’arma efficace nella lotta contro il male del secolo.
La scomparsa di Gaetano Basilici
L’amico e collega Gaetano Basilici, storica firma dei quotidiani Momento Sera, Il Resto del Carlino, La Nazione e Quotidiano Nazionale, è morto ieri sera a Roma. Aveva 78 anni (era nato a Roma il 21 settembre 1943). Gaetano era giornalista professionista dal 22 novembre 1971 ed era in pensione dall’ottobre 2008.
I funerali saranno celebrati a Roma domani, martedì 16 giugno, alle ore 10 nella chiesa dei Santi Gioacchino e Anna, in viale Bruno Rizzieri a Cinecittà est.
Ricorderemo sempre il suo sorriso, la sua amabilità, soprattutto la sua lealtà e il suo altruismo: pronto in ogni momento ad aiutare i colleghi in difficoltà, in particolare le giovani leve, anche dopo aver lasciato l’attività ha sempre offerto il suo costruttivo apporto in ambito sindacale, sia nel Sindacato Romano Cronisti sia nel Gruppo Romano Giornalisti Pensionati.
Lo ricordiamo con affetto, abbracciando la moglie Paola e la figlia Sara.
Ciao Gaetano, ci mancherai.
COVID: Contributo del Gruppo Romano Pensionati al Fondo di Solidarietà ASR
Il Consiglio Direttivo del Gruppo Romano Giornalisti Pensionati - considerato il particolare momento di difficoltà che molti colleghi in attività stanno vivendo a causa dell’emergenza coronavirus ed apprezzando la decisione dell’Associazione Stampa Romana di istituire un Fondo di solidarietà destinato ai freelance e agli esodati - ha stabilito di partecipare all’aumento del suddetto Fondo rinunciando al contributo annuale che ASR versa al Gruppo come da disposizioni statutarie ed accordi attualmente vigenti.
Con la speranza che in un momento di grave crisi per il settore editoriale almeno l’attuale fase di emergenza Covid-19 possa concludersi in tempi brevi, è stato pertanto disposto un bonifico bancario a favore dell’ASR di 4.275,65 euro, pari all’importo accreditato al Gruppo per l’anno in corso con l’augurio che tale cifra, in aggiunta a quanto già stabilito dall’Associazione stessa, possa contribuire a risolvere almeno in piccola parte i problemi di qualche collega in difficoltà.
La vergognosa tassa sul caro mascherine
A maggio, con la cosiddetta fase 2 della liberazione dalla prigione antivirale, le mascherine diventeranno indispensabili per tornare a circolare, ma ne serviranno ampie scorte per ogni famiglia. Eppure i prezzi sono ancora alle stelle nelle farmacie (2 euro l’una monouso/usa e getta, la chirurgica detta “altruista”, molto più costose le più sicure antivirali a protezione individuale). Eppure il Governo traccheggia, prende tempo per azzerare l’IVA, oggi ben al 22%, unica arma efficace per combattere la speculazione e per sconfiggere il mercato nero. Una tassa vergognosa abolita in molti altri Paesi europei
Caro prezzi: mascherine in farmacia come al mercato nero
Nelle farmacie il caro mascherine tiene il passo con il mercato nero. Le più diffuse, le cosiddette mascherine chirurgiche o mask face medical, costano 2 euro l’una, vendute in confezioni da 5 pezzi a 10 euro, mentre nel commercio clandestino 2,5/3 euro l’una, un’enormità rispetto ai pochi centesimi di una volta. Con la produzione nostrana ancora ai minimi termini, quasi tutte sono state acquistate in Cina tramite una commessa pattuita dal governo italiano al prezzo di 0,29 centesimi l’una, mentre quelle più sofisticate sono state pagate al committente ben 1,50 euro ciascuna. Non è quindi indifferente il forte ricarico dei prezzi lungo la filiera commerciale partita dall’Estremo Oriente, e che scorre ai limiti di una speculazione su vasta scala. E come se non bastasse, incredibile a dirsi, sulle mask grava l’IVA al 22%. Eppure sono diventate beni di prima necessità come il pane e il latte che hanno l’IVA al 4%, mentre richieste e necessità sono salite alle stelle.
In alcune confezioni farmaceutiche è allegato una specie di bugiardino con autentico pass europeo e con etichetta/timbratura di uno dei più grossi produttori cinesi, la Llins di Jiangsu, nonché con recapito dell’importatore tedesco all’ingrosso. Un giro di affari internazionali che sarebbe corretto facesse capo alla Comunità Europea proprio per evitare speculazioni. Anche i guanti in nitrile senza polvere, usa e getta, non sono regalate. In farmacia una scatola da 100 pezzi viene a costare 12,90 euro e provengono dall’Indonesia. Probabilmente diventeranno obbligatori nella fase 2 come le mask con ulteriore scotto per il bilancio familiare.
Monouso sono soprattutto le mascherine chirurgiche che lo saranno ancor più nella fase della riapertura delle fabbriche quando i lavoratori dovranno indossarle per ore e non come adesso solo per andare a fare la spesa. Più di oggi ne sarà necessaria una buona scorta che peserà sulle nostre tasche perché le sperate e finora mai viste in distribuzione gratuita (salvo la Lombardia e la Toscana) lo diverranno, se lo diverranno, inevitabilmente di pochi capi. Secondo un calcolo del Sole24ore il costo complessivo per una famiglia di 4 persone si aggirerebbe intorno alle 200 euro al mese. Oggi, in fase 1 ad impiego ridotto, possono essere riutilizzate non garantite al 100%, disinfettandole con tamponature di alcool misto ad acqua secondo il suggerimento di farmacisti.
Alcuni modelli sono anche lavabili, i migliori tutto cotone di fabbricazione italiana, i meno con mix poliestere, e sono in vendita come oggetti pregiati nelle farmacie dalle 5 fino alle 10 euro. Eufemisticamente sono state ribattezzate dispositivo coprifiato in cotone traspirante. È bene ricordarsi che la nostra mask medical, chiamata comprensibilmente anche “altruista”, evita la diffusione del nostro aerosol, le famose goccioline del respiro, e serve a proteggere gli altri dalla contaminazione, cioè da noi stessi eventuali portatori di virus e non viceversa.
Negli ospedali e nei centri specializzati, medici e sanitari usano le mascherine professionali classe Ffp2 e classe Ffp3 che rappresentano a tutti gli effetti dispositivi antivirali di protezione personale, in particolare assicurate agli operatori a diretto contatto con pazienti contagiati. Anche queste non sono riciclabili e sono acquistabili da chiunque nelle farmacie a prezzi fino a 15 euro ciascuna. Insomma, armi di difesa solo per ricchi e potenti che, per maggiore tranquillità nei rapporti interpersonali d’affari, potrebbero esibire le sicurezze del loro comando, servendosi di occhiali aderenti protettivi e di ampia visiera protettiva facciale in plexiglas. Dispositivi costosi che i medici di famiglia sognano invano alla vigilia della fase 2 che li esporrà senza salvaguardia a tu per tu con i pazienti infetti extra ospedale.
Damose da fà, volemose bene
Cari colleghi, cari rintanati in casa e non
Anche se bloccati in casa ormai da troppi giorni, è tempo di reagire alla malasorte e di darsi da fare nel segno della solidarietà per i coetanei, giornalisti e non, oggi i più esposti al virus, agli incubi della solitudine e dell’emarginazione, al rischio di essere abbandonati, sacrificati alla decimazione.
Non ci mancano idee, conoscenze, esperienze per mobilitarci e il digital e i social ci permettono di farci sentire. Penso in particolare alle nostre guerriere, Barbara, Marina, Marilena, Stefania che non si perdono mai d’animo, e soprattutto al nostro Superman Franz.
Come sapete è in atto un gran fuga di badanti, e le strutture di supporto, case di riposo, day hospital ecc. stanno chiudendo per scongiurare contagi. Sono preoccupato anche per nostri colleghi pensionati, magari nel giro delle nostre conoscenze, che rischiano di perdere la loro autosufficienza e hanno bisogno di aiuto.
Per quanto mi riguarda ho allertato con appelli e solleciti la Comunità di S Egidio nell’ambito dei suoi programmi “Viva gli anziani, soli no, over 80”, affinché raddoppi i suoi sforzi per gli interventi di sostegno alla terza età, a cominciare dalla assistenza domiciliare, fornitura di mascherine, farmaci, soccorsi ai disabili, la spesa e di quanto altro occorre a sostenere una vita tutelata e dignitosa. Proprio in questi giorni hanno attivato allo scopo un numero verde 068992222 e un indirizzo mail This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it..
Uniamo e alziamo le nostre voci in coro non solo per sensibilizzare ancor più la Comunità di S. Egidio, ma tutte quelle organizzazioni pubbliche e private che potrebbero prodigarsi di più per gli anziani e per loro salute che, è bene far ricordare, non è in svendita in una corsa alla sopravvivenza dei più sani e forti.
Damose da fa, Volemose bene (Papà Giovanni Paolo II)
Salvare la professione per salvare l'INPGI
Ora possibile bloccare la corsa ai nuovi prepensionamenti
di Romano Bartoloni, neoeletto consigliere generale dell’Inpgi
Salvare la professione per salvare le pensioni e un Inpgi dissanguato dalla decennale espulsione dal lavoro e dalle redazioni di generazioni di valorosi giornalisti, mandati in pensione nel pieno della maturità professionale e che avevano arricchito con i loro contributi le casse della nostra previdenza.
Intanto, un Grazie di tutto cuore ad uno ad uno dei quasi mille colleghi pensionati (948) che hanno contribuito al mio successo elettorale nelle votazioni per l’Inpgi, facendomi arrivare secondo su scala nazionale a ruota delle due colleghe prime alla pari con 974 voti. Assicuro un doveroso impegno nei confronti di questi elettori ma anche di tutti gli altri colleghi che trepidano per le loro pensioni e si aspettano una difesa dei loro sacrosanti diritti a spada tratta, a oltranza e senza risparmi di energie.
Per la prima volta, tra i 10 pensionati eletti si è realizzata una parità di schieramenti, 5 a 5 tra i pro e i contro un radicale cambiamento nel governo dell’Inpgi.
Poiché, purtroppo, i risultati non cambiano sostanzialmente rispetto alla scorsa volta del 2016, alla guida dell'Inpgi rimarranno probabilmente i soliti noti compromessi con le disastrose gestioni passate, ma gli abbiano assestato un forte scossone di cui dovranno tenerne conto.
In questa epoca di rivoluzione tecnologica e di comunicazione digitale, il giornalismo assediato da poteri prepotenti e maldifeso dal suo stesso Sindacato rischia la resa dei conti senza condizioni al fenomeno pestilenziale del precariato dilagante sotto le picconate di un mondo editoriale che, invece, di mettersi al passo con i tempi e con le nuove sfide industriali, si illude di salvare la pelle smantellando le migliori energie professionali in barba e a disprezzo della qualità dell’informazione. Diventa follia suicida restare alla finestra a guardare la grande vetrina interattiva e le possibilità dei nuovi mercati senza entrarci dentro con la forza dei valori, della professionalità e dell’autorevolezza di un giornalismo anti fakenews. La concorrenza degli influencer non è imbattibile e tantissimi follower si possono conquistare se si accetta la competizione online senza arroganza da primi della classe.
Primo atto fondamentale per salvare l’Inpgi è quello di respingere al mittente il disegno delittuoso ordito con legge del governo per una raffica di un migliaio di nuovi prepensionamenti da oggi al 2027 (un attacco alla Cassa e ai giornalisti con una perdita di contributi di 4,5 milioni all’anno. Uno spreco di denaro pubblico per affondare l’Istituto in perversa continuità di applicazione della legge 416 degli anni ‘80 dello scorso secolo che dal 2009 ai nostri giorni ha sterminato migliaia e migliaia di giornalisti ancora in gamba senza rimpiazzi ma mal sostituiti da un precariato sfruttato e sottopagato. Quasi tutte crisi aziendali fittizie pagate dallo Stato per soccorrere un’editoria incapace di ammodernarsi. Un genocidio che ha sacrificato le migliori energie raddoppiando il numero dei pensionati che, con la valanga di nuovi prepensionamenti, sfonderà abbondantemente il tetto dei 10mila a carico delle casse Inpgi (un tetto quasi raggiunto oggi con 9.571 compresi i superstiti contro i 14.875 in attività, 18mila solo 5 anni fa, e di questo passo destinati a diminuire ancora e vistosamente). Un colpo mortale alla professione e alla sua identità culturale e sociale e un attentato scientifico al diritto dei cittadini di essere correttamente informati.
Ora, però, ci sono le condizioni per bloccare la corsa ai prepensionamenti. In sintonia, con le straordinarie misure economiche del governo per fronteggiare l’emergenza provocata dall’epidemia virale, diventa un’operazione possibile congelare gli effetti della legge di bilancio sui nuovi prepensionamenti programmati a partire da questo anno e già minacciati in diverse testate giornalistiche.
Perché altrimenti per i giornalisti pensionati sarebbe un nuovo grosso sacrificio carico di amarezze e umiliazioni in testa a una serie di sacrifici sempre più pesanti offerti a sostegno dell’Inpgi, dalla mancata perequazione ai prelievi forzosi ai limiti della legalità, il tutto per oltre 45 milioni negli ultimi anni. Sacrifici per la perdita del 25% del potere di acquisto ridimensionato da un carofisco senza sconti per gli anziani come negli altri Paesi. Sacrifici di una vita di grossi contributi previdenziali per costruire un ricco patrimonio immobiliare in via di dilapidazione per tappare buchi ultramilionari. Fino a 10 anni di sacrifici, mortificazioni danni e disagi per 2200 colleghi creditori della loro liquidazione previdenziale dell’ex Fissa fra promesse e ripensamenti con la vana caccia a un un debitore fantasma nascosto in casa Inpgi. Sacrifici esistenziali di un’identità di prestigio faticosamente costruita negli anni a causa della truffa della disintermediazione e del fai da te dell’informazione nella quale guazza il sistema dei poteri. Sacrifici ingiusti e intollerabili di fronte ai vergognosi esempi di amministratori Inpgi che restano una mai ridimensionata pletorica casta dirigenziale e che non intendono rinunciare nemmeno a una fetta dei loro pingui emolumenti.
Da parte nostra va severamente condannata la prostituzione di colleghi pensionati ai ricatti degli editori.
IL NOSTRO NO AGLI ILLEGITTIMI TAGLI DELLE PENSIONI INPGI
Il Gruppo romano dei giornalisti pensionati, riunito in assemblea, ha detto no alla cosiddetta manovra correttiva Inpgi in itinere, e che, così come è stata congegnata, appare velleitaria nell’impostazione, ingiusta e illegittima nel colpire le pensioni in essere, e, soprattutto, inadeguata a colmare l’abisso apertosi nel rapporto fra entrate contributive e prestazioni sociali (81 milioni in rosso solo nel 2014). Con l’effetto di esporre il nostro sistema previdenziale alla scure ben più traumatica del Governo, tramite i ministeri vigilanti dell’economia e del lavoro, un Governo che non sarà facile da incantare e che finirà per trattarci peggio della Grecia.
Velleitaria perché ci si illude che, raschiando il fondo della botte, si possano rimettere in sesto i conti, quando solo la ripresa del mercato del lavoro (non ancora all’orizzonte), radicali riforme nel settore dell’editoria promesse da anni, il ricarico sulla fiscalità generale degli ammortizzatori sociali (spesi lo scorso anno ben 40milioni altrimenti destinati alle pensioni), secondo criteri in atto per tutti gli altri lavoratori, possono rivitalizzare la previdenza dei giornalisti.
Inadeguata perché scava e riscava, in cerca di risorse, in terreni già sfruttati e inariditi con l’obiettivo di realizzare la bella cifra di 80 milioni l’anno che, nel giro di 10, dovrebbero riossigenare i bilanci del 60/70%. L’altro 30/40% è affidato all’incognita del rilancio dell’occupazione, ignorando o fingendo di ignorare che la stragrande maggioranza delle nuove figure di giornalisti/comunicatori ottengono al massimo contratti di collaborazione con posizioni previdenziali che non portano un euro all’asfittico regime principale dell’Inpgi 1. Nell’operazione cash, spicca in primo piano il rincaro delle aliquote contributive (1% agli editori che storcono il naso avendone appena sborsati 2 punti, 0,50 a carico di una categoria giornalistica in affanno e con i nervi a fior di pelle per le crisi aziendali e i licenziamenti a raffica, 3mila negli ultimi anni). Da questo intervento si attende un ritorno finanziario intorno agli 11 milioni. A ruota, in sintonia con lo 0,50 chiesto ai colleghi in attività, si pretende un contributo di solidarietà dai pensionati; in soldoni intorno ai 10/15/20 euro al mese per fasce di reddito. La resa è calcolata sul milione e 400 mila, curiosamente uguale ai costi per gli organi collegiali che governano l’Inpgi. Altri ricavi/risparmi, non meglio quantificati, si otterrebbero, fra l’altro, dalla revisione dei meccanismi delle pensioni d’anzianità, da riduzioni della durata dell’indennità di disoccupazione, da un giro di vite ulteriore del welfare (stretta sulle pensioni di reversibilità, sulla superinvalidità e persino sulle case di riposo), fiore all’occhiello dell’Istituto fin dalla sua nascita. Se la manovra, così come configurata, portasse a casa 30/40 milioni annui, sarebbe già un risultato clamoroso. Senza contare che la categoria faticherebbe a metabolizzarla, perché non contiene atti convincenti per una spending review in via Nizza e per una cura dimagrante dei pletorici organismi di governo.
GENERAZIONE LOCUSTE
Generazione locuste
Il non più di primo pelo collega de “L’Espresso” Emiliano Fittipaldi ha condotto un’inchiesta contro la “Generazioni locuste: gli anziani sono più ricchi e i giovani devono spartirsi le briciole. Capisco l’incazzatura delle ultime generazioni precipitate nella crisi dei tempi delle vacche magre. Persino i miei figli me ne dicono di tutti i colori. Mi contesta, ci contestano, ci tirano le orecchie persino dentro il libro che ho scritto di recente “Confessioni di un settantottino/panchinari mai”, dove se ti venisse la voglia di curiosare fra le pagine, mi scoprirai nel cercare di sfatare i tanti stereotipi sulla generazione locuste. I pensionati pagano 66 miliardi l’anno di tasse. Siamo l’unico Paese al mondo che non concede né sconti sul fisco né altri benefici agli anziani. Negli ultimi anni sono stati sottratti a 5,5 milioni, e solo a loro; di pensionati 9,7 miliardi di euro di mancata perequazione, pari ad una perdita media pro-capite di 1.779 euro. Le famiglie risparmiano 24 miliardi l’anno grazie ai nonni baby-sitter. I nonni bancomat aiutano figli e nipoti con 5,4 miliardi. Investono ogni anno 6 miliardi nel settore del turismo. Gli anziani più fragili danno lavoro a 3milioni di badanti. Nonostante la casta stia a guardare con le mani in mano o con le mani in pasta, nonostante non si investa un euro per far ripartire il lavoro e l’occupazione con l’alibi di subire le condizioni di un’Europa matrigna, sono gli over65 che oggi fanno girare l’economia. Prima di fare di ogni erba un fascio con le teste dei pensionati (le pensioni di fame sono in grande maggioranza) non sarebbe male ascoltare le ragioni dell’altra campana che ha conquistato la longevità anche per le future generazioni
(romano bartoloni, 16 Giugno 2015)
NOTIZIARIO PERIODICO n. 3
(Il segreto della longevità sempre giovane: allenare il cervello che non invecchia mai” Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la medicina, morta a 104 anni)
PENSIONI SOTTO ATTACCO
L’Inpgi naviga in cattive acque ed è alla ricerca di vie d’uscita. Peraltro, non facili da trovare con un disavanzo di bilancio di 100 milioni. Crollate retribuzioni e, quindi, contribuzioni previdenziali, pensioni ed ammortizzatori sociali (il costo salito alle stelle con i contratti di solidarietà diffusi a raffica) si sono salvati finora grazie alla rete di sicurezza del patrimonio immobiliare. Ma sono in vista altre mazzate per l’Istituto. Bussano alle porte una sfilza di altri prepensionamenti, ma il contributo pubblico si è esaurito. E dopo dove si va a parare? Se il presidente dell’Inps, Boeri, ha in mente di chiedere “un contributo di equità” per le pensioni superiori alle 2mila euro, all’Inpgi, in sintonia sotto sotto, si comincia ad entrare nell’ordine delle idee di una sforbiciata ai tetti degli assegni previdenziali dei giornalisti. Peraltro, il segretario della Fnsi, Lorusso, sembra condividere questa linea almeno a leggere le sue dichiarazioni all’Ansa (Ancona, 18 aprile) secondo le quali “bisogna aprire un circuito contrattuale, portandoci dentro più gente possibile. Grazie a un patto intergenerazionale tra chi è in pensione, chi lavora e chi spera di entrare a lavorare”. Secondo Franco Abruzzo, presidente dell’Unione pensionati italiani “alcuni impreparati e stravaganti consiglieri inpgi hanno proposto questi tagli a titolo di ipotesi: 1% sulle pensioni fino a 30mila euro annui; 2% da 31 a 60mila; 4% da 61 a 91mila; oltre prelievi in atto da 6,12, 18% ex legge 147/2013”. Allo stato dei fatti, però, il cda dell’Istituto ha le mani legate da sentenze della Consulta e della Cassazione. E poi incontrerebbe l’altolà del Governo che ha detto chiaro e tondo, con il presidente Renzi e con il ministro del lavoro Poletti, che le pensioni non si toccano. Vedremo se le bugie hanno le gambe corte.
MILIONI INPGI/CASAGIT AL SINDACATO
Se la rottamazione di colleghi ancora giovani e prestanti senza rimpiazzi decentemente retribuiti sta mettendo alle corde le nostri organizzazioni, le tanti voci delle spese, oltre quelle istituzionali, diventano insopportabili con questi chiari di luna. Già l’obbligo statutario della solidarietà è stato ridotto al lumicino: tagliati persino i mutui, non restano che i prestiti a misura sempre più bassa. Anche in casa nostra bisognerebbe trovare una cura dimagrante e fare le pulci ai conti con la mano della spendig review. Il record dei record è battuto dall’Odg con 144 consiglieri nazionali (quasi altri 200 nei consigli di disciplina). Ma anche gli altri organismi non scherzano: 69 consiglieri l’Inpgi (più il cda ben remunerato) ben 117 la Fnsi, 85 la Casagit. Il servizio previdenziale e assistenziale per i colleghi dovrebbe essere volontario e svolto a titolo gratuito come avviene nel sindacato. Ma a pesare sulla bilancia non è soltanto una pletorica organizzazione, ma anche le generose contribuzioni al sindacato dal centro alla periferia sotto la voce servizi di assistenza non sempre controbilanciata da pezze d’appoggio. L’Ingpi sborsa quasi 2milioni e mezzo di euro, per l’esattezza 2.449.325 euro dei quali 280.195 alla FNSI che diversamente dalle Ast non gestisce direttamente servizi per i colleghi. La Casagit distribuisce 1.117.000 alle Ast e ben 622mila alla Fnsi. Una volta Inpgi e Casagit vivevano sotto un solo tetto. Perché non rimetterle insieme risparmiando tanti bei soldini.
OLTRE MEZZO MILIONE A STAMPA ROMANA
Grido di allarme di Stampa romana sul precario stato di salute dell’Inpgi. In un documento si denuncia fra l’altro: il forte squilibrio fra entrate e uscite previdenziali con pensionamenti e prepensionamenti in crescita esponenziale (oggi pensionati sono oltre 8mila contro 15mila colleghi in attività ndr) e con l’esplosione degli ammortizzatori sociali. E ancora: la gestione e la manutenzione del patrimonio immobiliare suscita preoccupazione. In un mercato che li ha ridimensionati, i canoni di affitto sono troppo alti per i colleghi e le case sfitte sono in aumento (oltre 100 solo a Roma ndr). La situazione richiede riforme statutarie e una revisione dei costi. Il taglio delle spese si realizza attraverso un ridimensionamento degli organismi rappresentativi e la “moderazione” degli emolumenti degli organi dirigenti e di controllo. Ps di ndr. Nel documento si ignora o si finge di ignorare l’ingente contributo di oltre mezzo milione versato dall’Inpgi (335.695 euro) e dalla Casagit (208mila euro).
E IO (CASAGIT) PAGO!
Tallone d’Achille per il servizio sanitario sempre più esoso e fiscale nel tentativo di arginare le falle del suo disavanzo. Per analisi, rx e dintorni si paga oltre il ticket, la tariffa regionale (una sorta di superticket), i cui costi variano da un capo all’altro della penisola secondo assurdi criteri di disuguaglianza tra cittadino e cittadino. Nel Lazio, 14 euro, è fra le più alte d’Italia. Così succede che la somma dei balzelli supera i prezzi della prestazione eseguita in regime privatistico. Fatti quattro conti, si risparmia senza ricorrere alla ricetta rosa, e magari si recupera la spesa attraverso l’assicurazione privata, come dai noi la Casagit. Che è costretta a mettere una toppa a un’assurdità della politica sanitaria.
CASO SOPAF/INPGI/ODG AI FERRI CORTI
Commenti e reazioni alimentano polemiche e tensioni fra Inpgi e Ordine sul caso Sopaf e della presunta truffa di 7milioni e 600mila in danno dell’istituto dopo la sentenza del tribunale di Milano che ha bocciato la costituzione di parte civile da parte dell’Odg al posto dell’Inpgi. Quest’ultimo ha giudicato quella dell’Odg “un’iniziativa pericolosa e inaccettabile” controbattendo a un duro attacco contro “un’arroganza troppo a lungo tollerata”. Resta il fatto che altri enti previdenziali, come l’Enpam e a ruota l’Ordine dei medici, anche essi coinvolti nella vicenda giudiziaria, sono costituiti parte civile contro gli imputati Magnoni.
LA FUGA DEI CAPELLI BIANCHI
L’Italia è l’unico Paese al mondo che non offre ai pensionati né sconti sulle tasse, né altri benefici di carattere sociale. Se il caro vita è un fisco cinico ed esoso ammazzano le pensioni, non resta che andare a vivere all’estero (complessivamente per 6 mesi all’anno) in un dei Paesi che non ti spellano vivo e dove puoi campare bene con il tuo assegno previdenziale. L’Inps sborsa oltre 470 mila pensioni ai capelli bianchi fuggiti nei paradisi fiscali legali. Nel web “mollo tutto” l’elenco dei Paesi che offrono una migliore e più sicura ospitalità. Per ora, sono solo 256 i giornalisti pensionati inpgi che hanno lasciato l’Italia in cerca del benessere che hanno perso in casa loro. Però, di questi tempi, bisogna stare in guardia dai rischi terrorismo e dintorni che stanno sconvolgendo tanti parti del mondo. Rapida marcia indietro di alcuni colleghi che si stavano per trasferire a Tunisi, fino a ieri una delle mete più ambite.
NOTE DI SERVIZIO
ASSISTENZA FISCALE ASR dal 15 aprile fino al 24 giugno è attivo alla Torretta il servizio Caaf dietro appuntamento tel 0660402703. per donare il tuo 5x1000 si suggerisce l’associazione Alzheimer anziano fragile cf 97483500589.
IL NUOVO SITO INTERNET in costruzione www.giornalisti pensionati.altervista.org è già visibile e cerca suggerimenti. Quello nel portale Asr è stato dismesso di fatto.
AIUTATECI AD AMPLIARE LE MAILING LIST dei colleghi pensionati (segnalare a This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.).
ISCRIVERSI AL SINDACATO invitate i vostri giovani colleghi pensionati ad iscriversi nel loro interesse con lo 0,30 al sindacato presso l’ufficio cassa della Torretta.
SCAFFALE nel web aspettiamo le segnalazioni dei vostri libri. Oggi proponiamo: Dinosauri del collega Corrado Giustiniani ed. Sperling&Kupler 17 euro/ “Come imparare una cosa al giorno e non invecchiare mai” di Roberto Vacca ed. Mondadori 17 euro. Quasi tutti i pensionati hanno scritto un libro che tengono nel cassetto. Se avete voglia di pubblicarlo, vi aiutiamo a stamparlo come ebook nel circuito online con il minimo della spesa.
MAGGIO AD ISCHIA a ottimo prezzo e d’intesa con il gruppo pensionati Trentino-Alto/Adige. Dal 9 al 23 (una o due settimane) incontro/vacanza nell’albergo Alexander di quattro stelle ad Ischia porto. I prezzi, a seconda dell’esposizione, vanno da un minimo di 45 euro ad un massimo di 67 per la mezza pensione più 10 euro per la pensione intera. Informazioni e prenotazioni subito al collega Ermanno Hilpold tel 338 4886545 o 0471 971438.
TAGLI ALLE PENSIONI INPGI
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Gruppo Romano Giornalisti Pensionati
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DOCUMENTO
TAGLI ALLE PENSIONI INPGI
NO AL FATTO COMPIUTO
Anche se all’Inpgi restano abbottonati contro ogni buona regola di trasparenza, di rispetto dei diritti/doveri dei soci e di coinvolgimento e corresponsabilità dell’intera categoria (nell’Inpgi1 15mila i contrattualizzati a tempo indeterminato e 8mila i pensionati), sembra che si profilino inevitabili sacrifici per rimettere in sesto i conti. Di questa inquietante prospettiva, peraltro dietro l’angolo nonostante i contorni siano ancora indefiniti, si è discusso nel corso dell’ultima riunione del Direttivo del Gruppo romano giornalisti pensionati, al quale ha partecipato il fiduciario romano Inpgi, Ignazio Ingrao, mettendoci in guardia con franchezza, della quale siamo grati, su quello che bolle in pentola.
Se i rappresentanti dei giornalisti pensionati non saranno consultati adesso e subito sulle effettive difficoltà economiche e finanziarie e sulle misure da prendere, ma messi di fronte al fatto compiuto dei tagli alle pensioni, la reazione dovrà essere durissima persino nei confronti del sindacato (l’altra faccia della medaglia dell’Inpgi) che ha l’obbligo di tutelare tutti alla pari e ascoltare le ragioni di tutti, non soltanto dei colleghi in attività. Per i loro legami con l’Istituto, i pensionati si reputano tra gli interlocutori principali nella causa comune per la salvezza dell’Istituto, per la tenuta dei bilanci e per la salvaguardia delle garanzie istituzionali. Ignorarli significa alimentare il clima di giustizialismo che li colpisce nel Paese, complice la casta politica in cerca di alibi sul dissesto delle casse pubbliche.
La stretta ventilata, specie se dolorosa e senza precedenti, non è una variabile amministrativa di routine, ma una scelta politica che richiede il consenso e il contributo dei diretti interessati altrimenti si pecca di scorrettezza e si incorre, come già successo, nei rischi dei ricorsi ai tribunali deputati.
Proprio nei giorni scorsi, l’Inpgi si è dato finalmente un Codice etico e un regolamento sulla trasparenza nella gestione degli atti amministrativi, nell’azione della governance, nella disciplina interna, e ciò in sintonia con la legge sulla pubblica amministrazione. Speriamo che sia la volta buona per rispettare il diritto dei soci a sapere, a conoscere ogni piega dell’attività dell’Istituto in corso d’opera, specie se comporta una manovra straordinaria per la riduzione dei redditi previdenziali, per gli aumenti contributivi, stavolta anche per i colleghi con contratto, e per la contrazione delle prestazioni assistenziali, senza contare le ombre ancora da diradare sul caso Sopaf.
Ormai non è più un mistero, nonostante ci si culli sui bilanci attivi, che la forbice fra entrate contributive e le uscite previdenziali e assistenziali si stia allargando in forme vertiginose (123% nel 2013, 130% nel 2014, e oltre 100 milioni quest’anno). Con il crollo delle contribuzioni e con l’esplosione dei costi dei prepensionamenti e degli ammortizzatori sociali (36,2 milioni + 8,1% rispetto 2013 per coprire, fra l’altro, 2.858 contratti di solidarietà in atto persino nei grandi giornali), le riserve e le rendite del patrimonio immobiliare, peraltro destinato ad essere ridimensionati per legge, non basteranno più a coprire il deficit.
Al di là del rigoroso rispetto dei compiti istituzionali, il rapporto della solidarietà tra colleghi e tra generazioni ha distinto l’Inpgi fin dalla nascita ed è una caratteristica della sua autonomia. A prescindere da ogni ragionevole obiezione, avvilisce che continui il giro di vite sulle prestazioni previste dall’art. 3 dello Statuto (dopo il blocco dei mutui e la riduzione dei prestiti, sarebbero in predicato le case di riposo per i nostri vecchi soli e con pensioni di fame).
L’Ungp e i gruppi territoriali costituiscono da sempre un organismo sindacale di base e, come l’Usigrai, sono una costola imprescindibile della Fnsi. Partecipano alle trattative con gli editori e sottoscrivono il contratto dei giornalisti nell’interesse di tutti i sindacalizzati, vuoi in attività vuoi in quiescenza. I suoi esponenti, perciò, hanno diritto di avere voce in capitolo nella definizione della ventilata operazione economica-finanziaria di risparmi e sacrifici in preparazione all’Inpgi..
Sarebbero un affronto e una discriminazioni inaccettabili, se, nel momento di chiedere lacrime e sangue, si ignorassero la voce, le preoccupazioni, i suggerimenti e le controproposte dei giornalisti pensionati.
Quando si invoca anche in casa nostra il patto generazionale gli occhi puntano sul pensionato più facile da individuare e da colpire. Differentemente dal fisco che non fa sconti a nessuno e non fa differenza tra cittadini in attività o in quiescenza.
I giornalisti pensionati pagano già un prezzo salato alla crisi nel nome della solidarietà: blocco delle perequazioni e tagli in base alla legge 147/2013 (le pensioni più alte); il raggiro beffa della sentenza della Consulta sulla restituzione delle indicizzazioni 2012/2013 cancellate dalla Fornero; il monte delle pensioni di oggi e di domani eroso dagli ammortizzatori sociali, diversamente dalle altre categorie dei lavoratori a totale carico della fiscalità generale; lo scandaloso sperpero dei contributi figurativi e delle pensioni/vitalizi regalati alla casta.
NOTIZIARIO N.4 Trasgredire allunga la vita!
associazione stampa romana
Gruppo Romano Giornalisti Pensionati
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NOTIZIARIO N.4
Trasgredire allunga la vita!
Umberto Veronesi, 90 anni, scienziato
INTOCCABILI LE PENSIONI INPGI - Sei anni di crisi editoriale ed occupazionale (mille posti di lavoro persi sono nello scorso anno), il massiccio ricorso ai pensionamenti e ai prepensionamenti, gli astronomici costi degli ammortizzatori sociali (36,2 milioni di euro contro i 10,7 milioni del 2009) hanno messo in ginocchio l’Inpgi, tuttavia pare che il buco nero nei conti non scalfisca, almeno allo stato dei fatti, la tenuta delle pensioni. Con questi chiari di luna su una ripresa stentata specie in un settore in affanno esistenziale, il futuro previdenziale dei giornalisti resta gravido di incognite senza una ripresa del mercato del lavoro. Ne mette in guardia il segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, secondo il quale se non si affronta “l’emergenza occupazione, l’emergenza pensione sarà il problema nel medio-lungo periodo”.
Nell’ultimo Consiglio generale del nostro Istituto, le cassandre hanno fatto riaffiorare le tentazioni di imporre ulteriori contributi di solidarietà, oltre quelli già applicati in base alla legge 147/2013, alle pensioni più alte. Una strada che appare impercorribile sotto il profilo istituzionale, a norma dell’art. 13 dello Statuto (regolabili solo gli assetti previdenziali del futuro); e che, se azzardata, rischia di procurare ricorsi legali in serie.
Peraltro, nel nome della solidarietà, si paga già un prezzo salato: il blocco delle perequazioni ormai da parecchi anni nonostante le sentenze contrarie della Consulta; il monte delle pensioni di oggi e di domani eroso dagli ammortizzatori sociali diversamente dalle altre categorie a carico della fiscalità generale; lo scandaloso sperpero dei contributi figurativi e delle pensioni/vitalizi regalati alla casta.
Il bilancio consuntivo 2014 dell’Inpgi, pur con ancora 17 milioni in attivo grazie ai sostegni dell’ombrello patrimoniale di 2,3 miliardi di euro, ha documentato la vastità del dissesto finanziario, raggiunta la cifra di 81,6 milioni nel rapporto fra entrate contributive (calate di 2,8 milioni in un anno) e uscite per prestazioni, pari a 119,95 rispetto al 112,42 del 2013. Al di fine di sventare il tracollo, in via Nizza si punta su una “riforma del sistema Inpgi”. Nelle linee generali l’ha prospettata il presidente Camporese, annunciando che il “cda sta elaborando le proposte di riforma, che prevedono sia interventi sulle entrate contributive (anche a carico dei colleghi? ndr) che misure finalizzate al contenimento della spesa per prestazioni (stretta per gli ammortizzatori sociali? Pensioni di anzianità in forse? Niente più superinvalidità? Via le case di riposo? ndr) da sottoporre alle parti sociali, Fnsi e Fieg ( e sarebbe corretto anche all’Ungp fin dal prossimo incontro del 9 giugno fra cda Inpgi, Giunta fnsi e Ast, ndr)”. Siccome non tutti sono in grado di scoprire fra le righe del documento la portata della manovra, sorgono dubbi sulla sua idoneità e la sufficienza a frenare la corsa del deficit multimilionario con solo 15mila giornalisti a reggere il peso dei costi delle prestazioni in crescita esponenziale.
Da registrare come si stia stemperando il clima generale di dalli all’untore contro i capelli bianchi. Salvo ripensamenti dei soliti alti papaveri voltagabbana, il governo e suoi dintorni paiono diventati più malleabili e, quindi, orientati ad abbandonare i progetti di tosare i pensionati italiani con il ricalcolo degli assegni retributivi in base al sistema contributivo, perché, fatti quattro conti, li condannerebbero alla fame nella stragrande maggioranza.
NOTIZIARIO PERIODICO n. 2
GRUPPO ROMANO GIORNALISTI PENSIONATI NOTIZIARIO PERIODICO n. 2 (“L’anziano non è un alieno. Una società che li scarta porta con sé il virus della morte” Papa Francesco) IL PAGAMENTO DELL’EX FISSA -Nonostante l’intervento della Covip per bloccare l’operazione, l’Inpgi si sta adoperando per risolvere la delicata questione dell’ex fissa e per assicurare il pagamento dell’acconto di 10mila euro lordi ai 1200 giornalisti che ne hanno maturato il diritto. L’11 febbraio scorso l’Istituto aveva annunciato il versamento dell’acconto entro marzo. La decisione dell’autorità amministrativa di vigilanza sulle casse previdenziali, provocata da una serie di ricorsi, sarà vagliata con urgenza lunedi pomeriggio 30 marzo dal consiglio d’amministrazione dell’Inpgi. L’intenzione è di prendere atto dei rilievi della Covip e di varare una nuova delibera di autorizzazione al pagamento degli acconti. In base ad intese contrattuali, e al consenso dei ministeri vigilanti del Tesoro e del Lavoro, l’Inpgi ha fatto un prestito alla Fieg per avviare la liquidazione dell’indennità di spettanza di colleghi pensionati. CASO SOPAF: ORDINE CONTRO INPGI. SILENZI FNSI - Le organizzazioni e le istituzioni della categoria si scontrano sul caso giudiziario Sopaf/Inpgi, mentre il mestiere di giornalista sta andando in malora con il dilagare della disoccupazione, i pensionamenti a raffica e le ristrutturazioni selvagge da parte degli editori. Inpgi e Ordine sono scesi ai ferri corti. Di fronte alle esitazioni dell’Istituto, l’Odg ha deciso di costituirsi parte civile in tribunale “a tutela degli interessi economici e dei diritti della categoria”. La Fnsi, invece, resta alla finestra come se la cosa non la riguardasse. Dopo lunghi silenzi, che hanno alimentato sospetti ed illazioni, L’Inpgi si è risolta a far chiarezza sulla vicenda giudiziaria della compravendita di azioni Fip per 30 milioni e che, secondo gli inquirenti, avrebbe comportato irregolarità, provocando una presunta truffa ai danni dell’INPGI di 7milioni e 600mila. In un comunicato, leggibile per intero nel suo sito, l’Istituto assicura che le clausole negoziali sono state rispettate e che non ci sono state dilazioni temporali, secondo le ipotesi avanzate dalla magistratura, fra il pagamento alla Sopaf dei 30milioni di euro e la consegna di 225 azioni Fip. Si riconosce, tuttavia, che “per mero errore materiale” la somma era stata versata direttamente nel conto Sopaf invece che in quello vincolato di garanzia. Comunque, aggiunge l’Inpgi, ha pensato la Sopaf stessa a rimediare all’errore. Nel comunicato, non si precisa, tuttavia, se, al momento degli accordi di compravendita, la Sopaf fosse o meno in possesso delle azioni pattuite come si è dubitato. A giudizio del presidente dell’Odg Iacopino, le spiegazioni fornite dall’Inpgi non sono esaurienti. Pertanto, con un voto a larghissima maggioranza del Consiglio nazionale, l’Ordine, non avendolo fatto l’Istituto di previdenza dei giornalisti, si è costituito parte civile (come peraltro, hanno deciso tutti gli altri enti previdenziali coinvolti nel caso), sostenendo che l’iniziativa legale promossa dall’Odg è legittimata dalla giurisprudenza.
Giornalisti pensionati
GRUPPO ROMANO GIORNALISTI PENSIONATI
NOTIZIARIO
(“Difficile scegliere fra imbecilli che vogliono cambiare tutto e mascalzoni che non vogliono cambiare niente” Gesualdo Bufalino scrittore e aforista 1920/1996)
SALVARE L’INPGI - I giornalisti pensionati hanno il dovere di stare nel sindacato e di sostenerlo nella battaglia cruciale per la salvezza delle nostre pensioni. La crisi editoriale, la peggiore dal dopoguerra, chiusura di testate, selvagge ristrutturazioni, pensionamenti e prepensionamenti a raffica (quasi mille nel 2014), il dilagare della cassa integrazione e dei contratti di solidarietà stanno provocando un vero e proprio boom degli ammortizzatori sociali a nostro carico, e stanno mettendo in ginocchio l’INPGI e le nostre pensioni. Finora l’Istituto ha resistito grazie al buon rendimento di un patrimonio immobiliare miliardario, ma non può continuare ad essere il bancomat degli editori. IN CIFRE I pensionati sono 8.392 (dati 1/10/14) contro 15.960 attivi e contribuenti. 1.900 a Roma e nel Lazio di cui solo 632 iscritti al sindacato. Le entrate contributive INPGI (gestione previdenziale e assistenziale) sono di 402,92 milioni di euro contro 493, 86 milioni (pensioni e ammortizzatori sociali) di uscite con uno disavanzo/squilibro/buco di 90 milioni.